Le radici delle piante superiori possono essere sede di simbiosi con altri organismi, la più comune è ad opera di funghi e prende il nome di micorrizia. Questa associazione mutualistica è di reciproco vantaggio per gli organismi coinvolti: la pianta fornisce ai funghi simbionti i carboidrati prodotti con la fotosintesi, indispensabili al loro metabolismo, ma che essi non sono in grado di sintetizzare; i funghi micorrizici, a loro volta, metabolizzano gli elementi minerali presenti nel suolo e li rendono disponibili alle radici della pianta.

Le specie conosciute sono circa 150 e sono in grado di colonizzare circa il 95% delle specie vegetali. Colonizzano gran parte delle specie di interesse agrario e forestale: piante erbacee, da frutto, latifoglie e conifere.

Le micorrize si suddividono in due grandi gruppi: ectomicorrize ed endomicorrize, in base al tipo di interazione che il fungo realizza con la radice. Nelle ectomicorrize filamenti di cellule del fungo, chiamati ife, formano un rivestimento intorno all’apice radicale e da qui penetrano nei tessuti sottostanti invadendo gli spazi intercellulari, ma non penetrando all’interno delle cellule. Il sistema radicale di una pianta ben colonizzata può essere ricoperto da ife fungine a tal punto che le radici possono non entrare in contatto con il terreno (Figura 1A). Nelle endomicorrize, invece, le ife raggiungono l’endoderma penetrando attraverso le cellule e gli spazi intercellulari del parenchima corticale. All’interno possono formare delle strutture ovidali dette vescicole e delle strutture ramificate dette arbuscoli. Esternamente il micelio può espandersi fino a qualche centimetro (Figura 1B).

Nel tipo più comune, VAM (micorrize vescicolo-arbuscolari) il fungo, che cresce nel terreno, penetra nelle cellule radicali dove forma strutture ramificate (arbuscoli). È negli arbuscoli che avvengono gli scambi nutrizionali: il fungo assorbe gli elementi nutritivi dal terreno, in particolare il fosforo, il potassio, l’azoto e alcuni microelementi e li cede alla piante per riceverne in cambio linfa elaborata. La formazione di micorrize conferisce alla pianta una maggiore capacità di assorbimento dell’acqua e la protezione dall’attacco di alcuni patogeni radicali. La somma di questi effetti garantisce una crescita migliore delle piante micorrizate.

Nelle “micorizzosfera” (ambiente esplorato dall’apparato radicale micorrizato) si creano condizioni particolarmente favorevoli alla vita di numerosi microrganismi utili. Tra questi citiamo gli azotofissatori (rizobi, azotobacter), i PGPR (plant growth promoting rhizobacteria) come ad esempio Pseudomonas, i solubilizzatori dei sali di fosforo (Bacillus megaterium), gli antagonisti dei nematodi (Arthrobotrys) e dei funghi patogeni (Trichoderma). Questi microrganismi svolgono la loro specifica azione che viene messa a disposizione della pianta e sfruttata in modo massivo grazie al grande apparato radicale generato dalle micorrize. Pertanto è evidente che i migliori risultati per le colture si ottengono dall’associazione radici-micorrize-microrganismi utili. L’effetto della micorrizazione è essenzialmente un’enorme moltiplicazione della superficie e del volume radicale (sino a sette volte in più rispetto ad un apparato radicale non micorizzato).

Principali effetti delle micorrize:

– Incremento della capacità di assorbimento, dei nutrienti. Ciò è dovuto alla costituzione di un ulteriore apparato di assorbimento per la pianta (rete di ife extraradicali) che possiede una più alta capacità di «sfruttamento» del suolo (Figura 3). Le ife extraradicali, avendo un diametro inferiore a quello delle radici fini, riescono a penetrare in pori di piccole dimensioni; esse si sviluppano anche su maggiori distanze superando eventuali zone povere di nutrienti. Vengono così migliorati gli assorbimenti di tutti gli elementi nutritivi e dell’acqua. In particolare la simbiosi micorrizica favorisce gli assorbimenti di macro (P, N, K, Ca, Mg) e micronutrienti (Cu, Zn, Fe), elementi che vengono trasportati a livello dell’arbuscolo e da questo ceduti alla pianta

Fig.3

– Maggiore resistenza alla siccità e resistenza a livelli di salinità elevati. Le micorrize incrementano anche la tolleranza delle piante a condizioni di limitato stress idrico e salino, come risultato di un incremento della conducibilità idraulica delle radici, di un miglioramento della regolazione degli stomi e del potenziale osmotico cellulare e di una maggiore capacità di estrazione dell’acqua per una più elevata superficie di contatto del sistema ife-radici con le particelle del suolo.

– Parziale effetto di barriera meccanica nei confronti di funghi patogeni e alcune specie di nematodi. Infatti è stato osservato che la colonizzazione radicale da parte dei funghi micorrizici arbuscolari determina un cambiamento di natura fisiologica e biochimica nelle cellule dell’apparato radicale. Diversi studi hanno mostrato che la micorrizazione induce un incremento della produzione e dell’accumulo di composti fenolici nelle pareti cellulari delle radici. Ciò determina una maggiore rigidità delle pareti cellulari e una loro minore digeribilità da parte degli enzimi degradativi di alcuni patogeni fungini.